LEGALE – Alla compravendita di animali si applica la disciplina del codice del consumo
L’acquirente di un cane aveva chiamato in giudizio la società venditrice lamentando che l’animale, dopo la vendita, era risultato affetto da una grave patologia. Sia in primo che in secondo grado, i Giudici avevano rigettato la domanda sul presupposto della tardività della denuncia del vizio, avvenuta oltre il termine di otto giorni previsto dall’art. 1495 c.c. dovendosi escludere, al caso di specie, l’applicabilità della disciplina prevista dal codice del consumo.
La Corte di Cassazione (sentenza 25 settembre 2018, n. 22728), chiamata a decidere sulla possibile applicabilità della disciplina prevista dal codice del consumo alla compravendita di animali di compagnia, ha mosso le sue considerazioni dai concetti giuridici di “cosa” e “bene” per poi ricordare che gli animali, sebbene esseri senzienti, non possono essere titolari di diritti perché privi della c.d. capacità giuridica.
Sulla base di queste considerazioni la Corte di Cassazione ha affermato che gli animali da affezione, già considerati dall’ordinamento come “cose mobili”, possono essere a tutti gli effetti “beni di consumo” quando l’acquisto sia stato effettuato da una persona fisica “per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’attività imprenditoriale eventualmente esercitata”.
Ne segue che deve applicarsi la disciplina prevista dal codice del consumo anche alla compravendita di animali da compagnia o di affezione, sempre che l’acquirente sia un consumatore e il venditore sia un soggetto che “nell’esercizio del commercio o di altra attività imprenditoriale venda un animale da compagnia”.