LEGALE – Nulla la conciliazione se il lavoratore è ingannato
Il verbale di conciliazione può essere annullato se il datore di lavoro dichiara un esubero di posizione e poi assume un lavoratore per coprire quel ruolo.Lo ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 8260/2017, dando ragione a un dipendente che, a seguito di procedura di licenziamento collettivo, aveva sottoscritto in sede sindacale un verbale di conciliazione.
La vicenda: a seguito dell’apertura di una procedura di mobilità, un lavoratore aveva accettato il licenziamento. Il datore di lavoro aveva infatti affermato, dolosamente, che la posizione lavorativa sarebbe stata soppressa, mentre in realtà era stata tenuta. Il lavoratore aveva quindi chiesto l’annullamento del verbale, affermando di essere stato indotto con inganno a firmarlo, dal momento che in seguito aveva scoperto che la sua posizione non era tra quelle eccedenti.
Sia in primo grado che in appello la sua istanza di annullamento del verbale era stata respinta, mentre presentando ricorso in Cassazione, il richiedente si è visto riconoscere le sue ragioni, e quindi l’annullamento del verbale di conciliazione, in quanto la società datrice di lavoro aveva tenuto una condotta di “silenzio malizioso” tale da trarre in inganno il lavoratore.
Questo silenzio integra gli estremi del dolo omissivo rilevante ai sensi dell’art, 1439 del CodiceCivile, come ha chiarito il Collegio: “il silenzio serbato da una delle parti in ordine a situazioni di interesse della controparte e la reticenza, qualora l’inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito, determinando l’errore del deceptus, integrano gli estremi del dolo omissivo rilevante ai sensi dell’art. 1439 c.c.”.
Tale pronuncia può mettere a rischio le prassi comune dei licenziamenti collettivi, che spesso si concludono tramite accordi sindacali con buone uscite ai lavoratori che promettono di non impugnare il licenziamento.